mercoledì 29 novembre 2017

Gabriele Fanelli
Sono da poco passate le 4 del pomeriggio quando ultimo la sistemazione del trolley.

Non sono in fermento e ciò è alquanto strano per me, infatti sono concentrato a scrutare le nuvole nel cielo sperando che non piova; mi metto in auto e vado a “casa”.

Il tragitto, relativamente breve, mi tiene concentrato sul compito odierno che ben devo supportare, rimembrando le parole scambiate in confessione con il nostro Padre Spirituale in mattinata.

Il servizio liturgico durante la messa sociale vespertina del Sabato, è svolto in coppia divenendo anch’esso un momento di fratellanza importante; un dono, un beneficio che ben predispone il nostro cuore a viverli.


La fratellanza in verità, è un concetto complesso, molto più complesso di quello che possa sembrare e nel mio percorso ogni giorno imparo ad apprezzarla sempre più. Una delle cose più belle che la caratterizzano è riuscire ad intravedere e percepire negli occhi del tuo compagno tutto ciò che provi, vedi e senti. E’ un dialogo muto dal contenuto empatico straordinario che unisce due anime in maniera indissolubile. Questo è ciò che mi capita con mio fratello Gregorio con cui staserà suggellerò un’altra emozione.

Sapevo che il mio cervello stava bluffando e non ci metto moto a capirlo appena varco l’ingresso dell’oratorio. “L’odore forte dei saloni” è tangibile, salire le scale che mi portano in segreteria mi regala i consueti brividi che precedono la vestizione. Altro che fermento!

Ci raggiunge Francesco che minuziosamente ci spiega le attività che dovremo svolgere. Sono le 18:00 e scendiamo giù in sagrestia. Il tempo che ci separa dalla celebrazione è molto particolare ed intimo. La preparazione vive di un silenzio assordante e una concentrazione unica che viene stemperata dal rosario in sottofondo e dall’andirivieni quasi frenetico.

 Tutto è davvero impattante! Io e Gregorio non abbiamo bisogno di dirci molto, sembra che il tintinnio coordinato delle nostre medaglie parli per noi. La porta che ci introduce in chiesa è chiusa e omero contro omero ci posizioniamo in attesa. Un momento che sa molto di similitudine se guardiamo ai nostri riti.

La mia prima volta sull’altare è un misto tra scrupolosità e curiosità. Guardare il popolo di Dio da un’altra prospettiva muta anche il tuo modo di approcciarti alla preghiera che diventa decisa e penetrante nel momento in cui Don Marco si appresta all’eucarestia. Ti senti vivo più che mai.

Il tempo però scorre velocemente, un altro ricordo nel cuore è stato impresso ed è giunto il momento di riporre le nostre mozzette nel porta abito.

Alla prossima.

Decor!